Carne Coltivata

Carne Coltivata

La carne coltivata – o carne “coltivata in laboratorio” – è un prodotto alimentare ottenuto a partire da cellule animali, fatte crescere in bioreattori in condizioni controllate: si tratta a tutti gli effetti di carne vera, identica nella struttura e nei valori nutrizionali a quella tradizionale, ma ottenuta senza allevare e macellare animali.
Queste proprietà la rendono una tecnologia alimentare innovativa e all’avanguardia, sviluppata per rispondere concretamente alle crescenti sfide ambientali, sanitarie e etiche legate al consumo globale di carne.

 

Nonostante ciò, nel novembre 2023 il Parlamento italiano ha approvato una legge che vieta la produzione e la commercializzazione di “carne coltivata” nel nostro Paese, ignorando apertamente ogni critica sulla sua natura ciecamente protezionistica ed al suo potenziale contrasto con i principi del mercato unico europeo.

 

L’Italia ha bisogno di investire in settori ad alta tecnologia per restare competitiva. La carne coltivata rappresenta un settore in espansione globale, con miliardi di euro già investiti da fondi, startup e multinazionali in Europa e nel mondo, pur non essendo ancora concretamente entrata a far parte del mercato alimentare europeo. Vietarne la produzione significa autoescludersi da un settore futuro strategico e perdere occasioni occupazionali, scientifiche e industriali.

 

La carne coltivata si affiancherebbe alle eccellenze italiane, offrendo un’alternativa etica e sostenibile alla carne da allevamento intensivo, come i prodotti dei fast food, delle mense e della grande distribuzione, non ai prodotti DOP e IGP. Si tratta di scelte diverse per consumatori diversi, esattamente come accaduto con le alternative vegetali o il biologico, la cui varietà non impoverisce l’offerta: la arricchisce. Proprio come queste ultime, la carne coltivata dovrà essere adeguatamente segnalata nelle etichette e nei menù, allo scopo di permettere una scelta consapevole al consumatore ed evitare il rischio di frodi.

 

Dal punto di vista della salute, la carne coltivata è prodotta in ambienti sterili e controllati, senza antibiotici e con monitoraggio continuo della qualità: basti pensare che negli Stati Uniti e a Singapore è già stata approvata da autorità sanitarie competenti. Allo stesso modo, in Europa, sarà soggetta all’autorizzazione ed ai controlli EFSA per la sicurezza alimentare, esattamente come ogni alimento.

Vi è di più: controllare la crescita di tessuti permetterebbe potenzialmente di eliminare quelle componenti cancerogene tipiche della carne tradizionale, rendendo di fatto la carne coltivata persino più sicura di quella proveniente da un animale.

Purtroppo però, per arrivare a straordinari risultati come questo non basta la buona volontà, ma servono ricerca ed investimenti, e la messa al bando da parte dell’Italia scoraggia Università, startup e centri di ricerca a investire in questo ambito nel nostro Paese.
Paesi come Olanda, Francia e Germania stanno sostenendo attivamente la filiera della carne coltivata.


Il divieto italiano, oltre a essere potenzialmente impugnabile a livello europeo, crea una situazione assurda: l’Italia rinuncia a produrre e innovare, ma non può impedire ai consumatori di acquistare carne coltivata prodotta in altri Paesi dell’Unione.

Riforma e Progresso si oppone a ogni approccio oscurantista che neghi il progresso scientifico. Ecco perché chiediamo il ritiro della legge che vieta la carne coltivata, oltre che una comunicazione pubblica trasparente e scientificamente fondata, che informi i cittadini senza ideologie o allarmismi.

La carne coltivata non è contro la tradizione: è un investimento nella sostenibilità, nella salute pubblica, nella libertà di scelta e nella sovranità tecnologica del nostro Paese.

Se vogliamo che l’Italia cresca, dobbiamo smettere di avere paura dell’innovazione.

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