Impresa, PMI e Start-up

Impresa, PMI e Start-up

IMPRESA, PARTITE IVA, PMI E START-UP

Obiettivi

  • PRIMO PASSO: PARTIAMO INTANTO CON QUELLO CHE GIA' SAPPIAMO FARe meglio

  • SECONDO PASSO: COPIAMO POI I MIGLIORI PAESI DEL MONDO

  • CREIAMO UN UNICO SITO, UN UNICO PORTALE DEL CITTADINO, DA DOVE RIUSCIRE A FARE TUTTO, MA PROPRIO TUTTO

  • L'ITALIA E' UN PAESE DI ECCELLENZE, LASCIAMOLE LIBERE DI SPICCARE IL VOLO

  • SVILUPPO DI UN PIANO NAZIONALE INDUSTRIALE E PER LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

  • CREAZIONE DI UN NUOVO E ALTERNATIVO METODO PER TROVARE LIQUIDITA' PER LE IMPRESE: LA LIQUIDITA' POPOLARE

  • DIVENTIAMO UN PAESE PROLIFICO E FECONDO PER FARE IMPRESA E INCUBARE START-UP

Programma

INDICE - Clicca e ti porta subito al capitolo

OGGI CHI FA IMPRESA IN ITALIA E' UN PICCOLO EROE CORAGGIOSO

OGGI CHI FA IMPRESA IN ITALIA E’ UN PICCOLO EROE CORAGGIOSO

E’ inutile che ci giriamo intorno, lo sappiamo tutti, ad oggi in Italia è difficile fare impresa. Sempre più imprenditori si chiedono: “Ma chi me lo fa fare”?

Per fortuna noi italiani siamo pieni di spirito, passione, creatività, flessibilità, innovazione, ironia, e sappiamo essere cocciuti, sappiamo tirare fuori l’asso dalla manica al momento giusto, abbiamo un carattere che ci protegge dagli attacchi esterni e proseguiamo con passione e perseveranza il nostro lavoro ogni giorno.

Se sei imprenditore in Italia sai che avrai solo complicazioni, lungaggini, alte tasse da pagare e nessun aiuto da parte dello Stato, dalle pubbliche amministrazioni e dalla burocrazia.

Sai che sarai solo contro tutto e contro tutti, sai che dovrai combattere con i denti per trovarti liquidità, per aprire un’attività e portarla avanti.

In Italia la frase RISCHIO DI IMPRESA viene portata allo stremo e chi ce la fa e riesce a crescere, a vivere e perfino continuare ad assumere dipendenti, collaboratori, ecc. secondo noi di Riforma e Progresso potrebbe benissimo essere considerato un “piccolo eroe coraggioso“.

Eroe perché mette tutto sé stesso, tutte le sue risorse e forze, assumendosi completamente il rischio, facendo un salto nel buio, per aprire un’attività in Italia, soprattutto perché spesso riesce a creare lavoro assumendo dipendenti e lavoratori o semplicemente mantenendo la sua famiglia e contribuire all’economia nazionale. Coraggioso perché avrà la vita difficile e lo Stato, la burocrazia e la pubblica amministrazione gli remerà sempre contro e non gli darà nessuna mano, quando invece in verità le uniche avversità che dovrebbe avere sono quelle naturali dei mercati e dei clienti.

Questo nostro modo di essere italiani ci ha fatto creare una solida struttura imprenditoriale nazionale, che ha portato l’Italia ad essere la seconda potenza industriale e manifatturiera d’Europa (dopo la Germania).

Se negli ultimi decenni l’Italia non è fallita, non è andata al collasso e può, anche se indebolita, ancora sedere al tavolo delle Nazioni più ricche del mondo, lo deve alla forza degli italiani nel creare lavoro, impresa, attività e di avere un ampio senso del dovere e di etica del lavoro a tutti i livelli in tutti i settori.

Inutile dire che noi di Riforma e Progresso vogliamo con tutte le nostre forze e abilità, grazie soprattutto al supporto che ci danno e daranno gli stessi italiani, imprenditori, artigiani, professionisti di qualunque tipologia e categoria, vogliamo e DOBBIAMO portare ad un vero e proprio radicale cambiamento dello Stato per quanto riguarda le politiche per le imprese e per il lavoro.

Per il lavoro dedichiamo un programma a parte, così come per la tassazione e per la burocrazia. In questo programma specifichiamo politiche che intendiamo intraprendere, finalizzate per il settore dell’impresa (piccola, media, grande impresa), inclusi i lavoratori autonomi e liberi professionisti.

Vogliamo trasformare lo Stato, la P.A. (Pubblica Amministrazione) e la Burocrazia in organi amici, sostenitori leggeri e di supporto, in modo che gli imprenditori debbano soltanto pensare a lavorare e crescere.

Come sempre, siamo sempre aperti e disponibili ad ampliare il nostro programma, con contributi da parte di tutti, per migliorare ed implementare al meglio ogni nostra politica.

Detto ciò, se dovessimo riassumere sinteticamente, per punti, i motivi per cui, per noi italiani, è difficile fare impresa in Italia, quali sarebbero?

Secondo quanto riportano sondaggi fatti ad imprenditori, artigiani, partite IVA e commercianti, da parte di giornali (come il Sole24Ore), o da associazioni (come Confindustria o Confartigianato), quelli principali e più gravosi sarebbero:

– LA ALTA TASSAZIONE e L’ ALTO NUMERO DI TASSE E IMPOSTE (dirette, indirette, nascoste, ecc.)

LA BUROCRAZIA (in tutte le sue sfaccettature)

LENTEZZA DELLA GIUSTIZIA (specie quella civile)

– DIFFICOLTA’ AD AVERE LIQUIDITA’ (per poter iniziare o proseguire con una attività)

– MANCANZA DI SOSTEGNO DI SVILUPPO ALLE IMPRESE (mancanza di una creazione di network di imprese, di servizi alle imprese da parte dello Stato, specie per quanto riguarda lo sviluppo di Ricerca e Innovazione, o su come trovare e ricevere fondi Europei, o aiuti su come fare sistema e poter affrontare meglio assieme e sostenuti i mercati esteri)

Ci sono poi anche considerazioni (alcune di queste le prendiamo invece da rapporti comparativi internazionali come il Doing Business della Banca Mondiale).

In sintesi, in Italia è difficile fare tutto, va quindi riformato il sistema rifacendolo da capo. Bisogna rendere realistico l’articolo 41 della nostra Costituzione che riconosce il diritto di ogni cittadino a intraprendere un’attività economica.

QUANTO E' COMPLICATO FARE IMPRESA IN ITALIA?

QUANTO E’ COMPLICATO FARE IMPRESA IN ITALIA?

MOLTISSIMO! A dirlo è l’annuale report che fa la Banca Mondiale, DOING BUSINESS 2020, dove dal 2003 è ormai diventato una pubblicazione di riferimento per i policy maker, nonché una vera e propria guida per gli investitori internazionali. La premessa di ogni rapporto Doing Business è che un’azienda, per raggiungere il massimo delle proprie potenzialità e raggiungere gli obiettivi che si è prefissata, deve poter agire in un contesto di libertà economica, che va dalla chiarezza sui diritti di proprietà, la risoluzione delle controversie che deve essere celere e non troppo onerosa, la tassazione ragionevole, la burocrazia non troppo complessa e asfissiante, ecc. Pertanto, nello studio viene stilato l’ease of doing business rank (classifica generale sulla “facilità di fare business”) arrivato a comprendere ben 190 Paesi, nel quale gli Stati vengono posizionati in una classifica in base alla loro capacità di offrire un contesto il più possibile business-friendly. Inutile dire che chi sta ai primi posti, significa che è un Paese dove conviene fare impresa, e dove chi fa impresa (piccola o grande che sia), ha la vita facile, gli è più facile aver successo, crescere, fare soldi e creare lavoro.

La nostra Italia nella classifica 2020 è peggiorata rispetto a quella dell’anno prima! Nel 2020 siamo 58° (su 190 Paesi). Siamo subito dopo Romania, Kenya e Kosovo. Ma siamo 58° perché la nostra media ci porta ad essere 58°, perché se guardiamo alcune voci specifiche, come ad esempio “facilità di avere credito e liquidità per iniziare un’attività” siamo 119°!! O altro esempio, in quanto “facilità burocratica/amministrativa/procedurale e di costi per aprire ed iniziare un’attività siamo 98°!!

Essere noi Italiani così messi male nella classifica, oltre a non farci risaltare agli investitori stranieri, che è importante ma relativamente, ci fa capire invece quali sono le nostre debolezze da cambiare, perché prima di tutto, fare impresa deve essere facile per gli italiani! Scopriamo quindi in cosa dobbiamo migliorarci.

Prima di vedere come e cosa fanno i Paesi ritenuti migliori di noi (con i quali noi dobbiamo confrontarci e che dobbiamo raggiungere), vediamo brevemente quali sono i nostri punti deboli.

Intanto serve fare una precisazione, il nostro punteggio viene fatto prendendo la media dei valori Nazionali, e come città di riferimento viene presa Roma. Quindi in certi parametri, in cui ogni Regione o amministrazione locale d’Italia può influire positivamente o negativamente, potremmo essere un pò migliori in certi parametri specifici ad esempio nel Nord Italia, ed essere invece anche peggiori in altri, in altre zone d’Italia (come il Sud). 

Quindi le cose da cambiare e migliorare sono in sostanza due:

i parametri e le politiche NAZIONALI (tassazione, burocrazia, ecc.)

– i parametri e le politiche LOCALI che andrebbero invece AMALGAMATE e STANDARDIZZATE, in modo che BUONE PRATICHE di certi luoghi d’Italia, vengano seguite anche in tutto il resto d’Italia. Purtroppo questo è un problema storico d’Italia, il nostro Paese è pieno di piccole realtà isolate, sparse qua e la, che eccellono in determinate discipline/procedure rispetto al resto d’Italia.

La bravura di un Governo, secondo noi, è anche quella di far risaltare i punti di forza e le buone pratiche, e creare i presupposti affinché possano poi divenire nuovo standard anche per il resto d’Italia.

Ad oggi è sicuramente un pò più facile e un pò più veloce fare impresa in città come Milano o Bolzano rispetto che a Palermo o Napoli per esempio, ma questo non dovrebbe essere il modus operandi. Dovremmo tutti partire da basi uguali e comuni, opportunità uguali e comuni a tutti.

Questa è una cosa di buon senso, che perfino la stessa BANCA MONDIALE ci consiglia di fare, e per semplicità riportiamo brevemente al riguardo, un comunicato stampa rivolto a noi italiani, del 4 Dicembre 2019 da parte della Banca Mondiale:

Le città italiane possono migliorare il contesto in cui operano le imprese apprendendo le une dalle altre. Uno studio della Banca Mondiale in 13 città italiane evidenzia i diversi ostacoli burocratici che le imprese devono affrontare

PRIMO PASSO: PARTIAMO INTANTO CON QUELLO CHE GIA' SAPPIAMO FARE

PROPOSTA RIFORMA E PROGRESSO – PRIMO PASSO: PARTIAMO INTANTO CON QUELLO CHE GIA’ SAPPIAMO FARE

Come si evince dal rapporto, in Italia, sparse a macchia di leopardo, ci sono città che sono considerate le migliori in Italia in un determinato settore sulla facilità di fare business, ma allo stesso tempo sono carenti o tra le peggiori in altre discipline. Tralasciamo il fatto che anche la migliore città in Italia è di gran lunga messa peggio di una qualsiasi città tedesca o inglese o americana ad esempio, ma di questo ce ne occuperemo nel secondo passo.

Ad esempio, il rapporto dice che Torino è la migliore città italiana per quanto riguarda la velocità e l’efficienza con cui vengono completate le cause in tribunale. A Torino una causa qualunque, dura in media LA META’ rispetto ad il tribunale di Reggio Calabria per esempio. Quindi se tutti i tribunali d’Italia imparassero a gestirsi come quello di Torino, la cause nei tribunali diverrebbero più veloci in assoluto in tutta Italia e non ci sarebbero più disparità.

Ci pensate? A Reggio Calabria dall’oggi al domani ci metterebbero LA META’ del tempo rispetto a prima solo copiando il sistema lavorativo del tribunale di Torino.

Non entreremo qui nel dettaglio su come migliorare i tribunali (se volete leggerlo, lo descriviamo nel nostro Programma Giustizia).

Intendiamo solo dire che per noi di Riforma e Progresso, una volta al Governo del Paese, sarà fondamentale, come primo passo, ARMONIZZARE e STANDARDIZZARE le buone pratiche in tutta Italia. Obbligando gli enti e le pubbliche amministrazioni a conformarsi, grazie a nuove speciali leggi, cancellando la vecchia burocrazia e rifacendola da capo, dando dei fondi speciali agli enti, guidando gli enti tramite COMMISSARI specializzati in modo che TRAGHETTINO e MIGLIORINO e CONTROLLINO gli enti affinché raggiungano i risultati.

La BANCA MONDIALE nel suo report dice che se l’Intera Italia si armonizzasse copiando le BUONE PRATICHE che già esistono sparse in giro per l’Italia, guadagnerebbe tutto su un colpo ben 15 posizioni nella classifica mondiale, passando dall’attuale 58° posto ad un 43° posto!

Quindi capite che per iniziare, intanto è più facile armonizzare, visto che Torino è una città italiana, segue le leggi italiane, la tassazione, la burocrazia ecc. sono identiche per tutta Italia, quindi se ci è riuscita Torino a migliorarsi in una materia (velocità dei processi nei tribunali), ce la possono fare tranquillamente anche tutte le altre città italiane.

Ogni città italiana eccelle in qualcosa rispetto alle altre, ma poi è allo stesso tempo la peggiore in qualcos’altro. Serve ARMONIZZARE LE BUONE PRATICHE

Altro esempio, Ancona è il posto più veloce ed efficiente d’Italia per iniziare/aprire un’attività, quindi tutti i documenti, le procedure burocratiche, sono espletate e concluse nel minor tempo possibile, con i minori costi possibile, rispetto al resto d’Italia, quindi tutte le città d’Italia dovrebbero IMPARARE da Ancona. Ma allo stesso tempo però Ancona è tra le peggiori d’Italia per avere la connessione elettrica, ci si impiega un sacco di tempo, un sacco di passaggi e adempimenti burocratici, costi extra oltre la media, ecc. (documentazione, autorizzazioni, allacciamenti, ecc.). La città migliore per “avere in fretta l’allacciamento” è Bologna, quindi tutte le città italiane dovrebbero imparare da Bologna (sull’allacciamento elettrico).

Anche Milano al pari di Ancona, è al primo posto come “facilità e velocità per aprire/iniziare un’attività”, ma allo stesso tempo è la peggiore città d’Italia per quanto riguarda tempi/costi/adempimenti burocratici/ritardi per avere i permessi edilizi e per iniziare a costruire edifici.

Vi alleghiamo a titolo esemplificativo la tabella comparativa col punteggio delle città italiane classificate nel report della Banca Mondiale.

CREEREMO IL COMMISSARIO SPECIALE PER L’ARMONIZZAZIONE AMMINISTRATIVA

Una volta al Governo nomineremo un COMMISSARIO SPECIALE PER L’ARMONIZZAZIONE AMMINISTRATIVA. Avrà poteri speciali e una squadra di aiutanti, il cui compito sarà quello di catalogare, prendere e rendere fruibili e utilizzabili tutte le BUONE PRATICHE delle migliori città italiane. Capirà poi quali sono i problemi, gli ostacoli, i limiti di ogni amministrazione di ogni città Italiana in modo da adoperarsi per risolvere i problemi e togliere gli ostacoli affinché tali amministrazioni possano essere guidate nell’attuare tutte le MIGLIORIE e MODIFICHE NECESSARIE per potersi mettere in regola, in linea con le BUONE PRATICHE. Ogni buona pratica sarà un obiettivo (di tempo, di costi, di procedure, ecc.) che ogni amministrazione dovrà raggiungere, con le buone (premi/incentivi) o con le cattive (sanzioni, licenziamenti, ecc.).

Il Commissario Speciale dipenderà direttamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, e lavorerà a stretto contatto con tutto il Governo in modo da farsi supportare nel lavoro (visto che di sicuro avrà bisogno di fondi, di decreti ad hoc, ecc.). 

SECONDO PASSO: COPIAMO POI I MIGLIORI PAESI DEL MONDO

SECONDO PASSO: COPIAMO POI I MIGLIORI PAESI DEL MONDO

(I primi in Classifica)

Una volta che siamo riusciti ad armonizzare l’Italia (sarebbe già un bel passo avanti), inizieremo subito (anzi, in concomitanza per non perdere tempo in verità) a studiare e vedere quali sono le MIGLIORI PRATICHE dei Paesi ritenuti migliori al mondo e che sono primi in classifica.

Ovviamente non possiamo aspirare di diventare dall’oggi al domani come loro, per una questione di mentalità, storia burocratica nazionale, ecc. però nella vita è normale prendere spunto dai migliori per cercare di imparare e migliorarsi. Come diciamo sempre noi di Riforma e Progresso, “se vuoi raggiungere la Luna, devi mirare alle stelle”. Si deve sempre puntare in alto e partire con i buoni propositi!

Per iniziare, il Report della Banca Mondiale, consiglia alcuni punti in cui l’Italia potrebbe prodigarsi fin da subito in modo da “armonizzarsi” con le buone pratiche internazionali adottate da molti Paesi considerati “i migliori in qualcosa”.

Ad esempio, per quanto riguarda la velocità dei processi nei tribunali, al di là di ovvie riforme che dovremo fare in Italia, consigliano, tra le altre cose, ad esempio, di creare una legge che LIMITI GLI AGGIORNAMENTI LEGISLATIVI E REGOLAMENTARI in materia giudiziaria. Sembrerà banale e sciocco ma in verità in Italia, molta confusione che porta ad allungamenti di tempi, maggiore burocrazia e maggiori adempimenti da fare e maggiori costi, è dovuta all’enorme spropositata quantità di leggi che abbiamo e continuiamo a fare e cambiare in Italia ogni anno. In Italia si regolamenta troppo, si entra troppo nel dettaglio e ogni poco tempo (a seconda del politico o pubblico dirigente di turno), ogni qual giorno nascono modifiche, cambiamenti, aggiornamenti, ecc. che non fanno altro che creare “casino” e complicare le cose già di per sé complesse.

Altro suggerimento, come fatto in molti altri Paesi, serve creare un tribunale apposito che tratti solo ed esclusivamente di cause COMMERCIALI. Con giudici dedicati a dirimere controversie tra imprese, professionisti e clienti, e che non facciano altro che quello tutto il giorno.

Altri punti suggeriscono di informatizzare e mettere completamente online le richieste di aprire un’attività o per richiedere permessi edilizi, e far sì che ci sia un unico database collegato a tutte le amministrazioni pubbliche in modo che le risposte siano celeri e con la possibilità all’utente di tenere sotto controllo il procedimento.

Di creare un unico portale online da cui fare tutto, ma proprio tutto (anche aprirsi una partita IVA o pagare una tassa o richiedere un incentivo, ecc.) ne abbiamo già parlato in alti Programmi come quello “Economia”.

Quindi noi di Riforma e Progresso siamo felici di essere sulla stessa lunghezza d’onda con i suggerimenti della Banca Mondiale e sulle procedure ritenute migliori ed usate dai Paesi migliori al mondo dove fare impresa.

COSTI PROCEDURALI

Il report mostra come l’Italia, tra le altre cose, sia anche il Paese, dove aprire una nuova attività costa di più in assoluto! Triste amaro primato che va cambiato subito!

Una procedura che pesa molto è il doversi affidare per forza ad un notaio. Molti Paesi non obbligano ad affidarsi a terze parti legali (notai, avvocati) per queste procedure, e permettono ai cittadini di farsi AUTO CERTIFICAZIONI (come in Francia, Danimarca, Romania, ecc.), ma altri Paesi, come ad esempio il Portogallo, da una recente riforma ha creato una via di mezzo, ovvero, i notai esistono come sempre solo che NON SI OBBLIGANO PIU’ LE PERSONE ad affidarsi per forza da loro.

In Italia vogliamo anche noi togliere l’obbligo di affidarsi ad un notaio. Le persone (per registrazione proprietà commerciali, registrare aziende, cambiamenti contrattuali, ecc.) potranno farsi auto certificazioni senza dover andare da notai ed avvocati. Usare quei professionisti rimarrà un eventuale OPZIONE (su stile Portogallo), visto che molte persone/imprese sono abituate da anni ad affidarsi a professionisti. Ma non sarà più obbligatorio, si potrà seguire una via oppure l’altra.

Altro ancora. riguardo alla registrazione delle proprietà catastali (riforma che abbiamo proposto nel nostro Programma Economia), in Italia è un casino capire che documenti servono, che costi ci sono, che procedure serve fare. Il sito dell’Agenzia delle Entrare non spiega nulla nel dettaglio.

Un buon esempio è quello della Lituania, ti spiega e guida passo passo dal sito online, a cosa ti serve, che documenti devi caricare, ecc. e puoi fare tutto online in pochi minuti.

Riassumeremo punto per punto, qui di seguito gli adempimenti (quelli basilari iniziali) consigliati dalla Banca Mondiale per migliorare la nostra posizione e quindi rendere più facile fare impresa in Italia.

Molti altri li saltiamo perché li abbiamo trattati nel programma LAVORO, BUROCRAZIA ed ECONOMIA (come quello di abbassare le tasse, e cancellare l’IRAP ad esempio, dove noi di Riforma e Progresso abbiamo spiegato ampiamente come ridurremo e cancelleremo le tasse).

 

1. APRIRE UN'ATTIVITA'

APRIRE UN’ATTIVITA’

Tecnicamente in Italia, già adesso, grazie alle ultime riforme fatte in questi anni, è possibile aprire un’attività, una partita IVA, un’azienda, un’impresa, in poco tempo e farlo tutto online. Ma tra il dire e il fare, purtroppo, c’è di mezzo un abisso!

Col cavolo è vera la frase che i politici ci hanno venduto “apri la tua azienda con un click!” NON E’ VERO!! C’è una confusione pazzesca, un sacco di siti web sconosciuti, che ogni utente deve arrangiarsi a cercare. Poi NON sono user-friendly, non si capisce cosa fare, le procedure non sono chiare.

Spesso ci si deve affidare a professionisti o ad uffici pubblici per capire cosa e come fare. Sul più bello che hai capito, poi scopri che devi andare in cerca di documenti o fare cose che non ti erano state dette e ti fa perdere ancora altro tempo e soldi.

I database delle varie amministrazioni pubbliche raramente comunicano tra loro e spesso devi reinserire dati e documenti che avevi già inserito in altri siti. Poi devi registrarti presso mille siti siti diversi, e fare mille procedure diverse.

Oltre al danno la beffa: I COSTI! Anche la Banca Mondale dice che in Italia ABBIAMO I COSTI PIU’ ALTI D’EUROPA PER POTER APRIRE UN’ATTIVITA’ (fabbrica o ristorante o negozio che sia). Nel totale costiamo più del doppio della Germania per esempio.

Tra diritti di segreteria, marche da bollo, diritti di camera di commercio, mail PEC, firma elettronica, documenti accessori, ecc. e ovviamente anche il costo dei notai (che incide molto).

Le procedure che dobbiamo fare (tra online e/o in uffici pubblici), passaggi burocratici in altrettanti amministrazioni pubbliche, sono in media 7 in Italia, contro una media di 5 in Europa. Da noi devi fare l’atto del notaio, comprare e vidimare (pagando) i libri contabili, attivarti la PEC (che chissà perché esiste solo in Italia). Serve poi registrarsi presso il registro delle imprese, registrarsi presso l’agenzia delle entrate, registrarsi all’INAIL, comunicare inizio attività ed assunzioni all’ufficio del lavoro, comunicare all’INPS, ecc.

Tecnicamente alcune procedure sono state messe assieme e si possono fare tramite un unico portale COMUNICA, solo che è insufficiente, non onnicomprensivo, non dettagliato, non semplice da fruire. Oltre a ciò ci cono i portali del lavoro e delle camere di commercio che si differenziano a seconda del tipo di territorio, invece di avere un unico portale identico in tutta Italia richiedendo le stesse identiche cose in tutta Italia.

GIORNI CHE SERVONO

Perché se per adempiere alle procedure della camera di commercio di Milano ci metti in media 1 giorno, a Roma invece te ne vogliono in media 13!? Questa cosa è inconcepibile!

Senza entrare nel dettaglio dei problemi che già tutti conosciamo, andiamo ai consigli della Banca Mondiale su cosa dovremo migliorare:

– Mettere opzionale la possibilità di andare dal notaio. Ridurremo però anche i costi richiesti dai notai

– Informatizzare in un unico sito web “contenitore” che comunichi con tute le amministrazioni pubbliche e da cui si possa fare tutto da li (inclusi gli adempimenti INPS, INAIL, AGENZIA PER L’IMPIEGO, AGENZIA DELLE ENTRATE, ecc.).

UNICO SITO DA CUI FARE TUTTO

UNICO SITO DA CUI FARE TUTTO

Secondo noi di Riforma e Progresso l’utente dovrebbe venire guidato dal sito in modo semplicissimo e diretto, spiegando passo passo i documenti da inserire e le cose da compilare. Fai tutto in poche ore, da casa, e poi non devi fare altro, solo aspettare una mail, un SMS, una notifica che tutto è andato a buon fine (o al massimo ti si dice quali correzioni fare). Ci sarà comunque sempre un call center pronto ad aiutare, e per chi ha problemi con internet, potrà tranquillamente fare le stesse cose, ma in un ufficio pubblico apposito che creeremo e che farà tutto lui. L’utente si siederà di fronte al dipendente pubblico, gli porterà le carte che gli avrà detto precedentemente per telefono/mail da portare, e si arrangerà a fare tutto l’impiegato pubblico. Per vedere i dettagli di questa agenzia che creeremo, leggete il Programma Lavoro.

Tutto questo è possibile, basta volerlo, e noi di Riforma e Progresso lo vogliamo fare e sappiamo come farlo e ci faremo consigliare da esperti nel settore, tramite i nostri comitati scientifici e lo metteremo in piedi.

Se ce l’ha fatta il Portogallo possiamo farcela anche noi! In Portogallo prima della riforma nel 2006 stavano messi peggio di noi (più lungaggini, più passaggi e procedure, obbligo di andare fisicamente in vari uffici pubblici). Oggi fanno tutto online in un paio d’ore e sono divenuti tra i migliori d’Europa nella semplicità di aprire un’attività (vanno male in altre cose ma almeno in questo punto sono tra i migliori, nel report DOING BUSINESS sono al 39° posto contro il nostro 59°).

SEMPLICITA’ DI ASSUMERE

Il report consiglia di fare come in Danimarca. Una volta che sarà attivato l’unico sito web da dove si potrà fare tutto, l’impresa che vorrà assumere non dovrà più seguire tutti i procedimenti e i passaggi burocratici e aspettare le tempistiche nel portale del lavoro (dove l’azienda deve dapprima registrarsi, farsi certificare i documenti di identità del datore di lavoro, dotarsi di firma elettronica oppure mandando i documenti all’ufficio preposto del portale del lavoro, ecc.), verrà fatto tutto online, quando l’azienda/l’attività si crea per la prima volta (tramite il sito, in poche ore e tutto online), tu automaticamente esisti e potrai iniziare subito ad assumere.

Basterà che inserisci solo la prima busta paga che darai al dipendente, e in automatico sarai registrato come datore di lavoro (come fanno in Danimarca). Poi i dati del dipendente verranno certificati automaticamente semplicemente inserendo il suo codice fiscale, in quanto ogni cittadino italiano avrà una sua IDENTITA’ DIGITALE e un suo ACCOUNT all’interno del sito.

Tu dovrai solo inserire il profilo professionale (job description) e il salario pattuito (che potrai già calcolare automaticamente al lordo e al netto tramite un apposito simulatore che sarà nel sito e ti dirà quanto ti costerà il dipendente, quante tasse dovrai pagare e quanto al netto rimane al dipendente).

LIBRI CONTABILI – Noi toglieremo l’obbligo dei libri contabili (e i relativi costi e vidimazioni). La contabilità si farà in maniera semplicissima online tramite il portale apposito del sito unico, che in automatico calcolerà tasse, scadenze, ma anche deduzioni, detrazioni, ecc. Vogliamo creare un unico portale super completo e sicuro in maniera che le imprese possano fare tutto da li.

2. PERMESSI EDILIZI

PERMESSI EDILIZI

Per molte aziende ma non solo (anche per i privati per le proprie case), quella dei permessi edilizi in Italia è una guerra stressante continua. Con permessi edilizi si intende tutto ciò che fa parte di questo settore (anche per modifiche, agibilità ecc.)

Il report ci dice che in media, se tutto va benissimo e si è fortunati, in Italia per avere un generico “permesso edilizio” serve seguire 14 procedure (iter procedurali, cose da fare, documenti da presentare, in svariati uffici pubblici). Per fare una comparazione in Germania e Francia sono 9 e in Danimarca 7. Per averlo, ci impiega in media 200 giorni (cioè quasi 7 mesi!!) In Germania 120, in Danimarca 60 giorni. Il costo di tutto (sommando le cose che sono richieste di fare) in media equivale al 5% del valore dell’immobile (in Germania è attorno all’1% e in certi Paesi Europeo è prossimo allo zero!).

I permessi edilizi dovrebbero poter venire richiesti online in ogni comune, per legge, ma ad oggi solo pochi comuni si sono sviluppati per poter ricevere le richieste online (altra pecca da aggiustare quando saremo al Governo).

Per molte aziende ma non solo (anche per i privati per le proprie case), quella dei permessi edilizi in Italia è una guerra stressante continua. Con permessi edilizi si intende tutto ciò che fa parte di questo settore (anche per modifiche, agibilità ecc.)

Il report ci dice che in media, se tutto va benissimo e si è fortunati, in Italia per avere un generico “permesso edilizio” serve seguire 14 procedure (iter procedurali, cose da fare, documenti da presentare, in svariati uffici pubblici). Per fare una comparazione in Germania e Francia sono 9 e in Danimarca 7. Per averlo, ci impiega in media 200 giorni (cioè quasi 7 mesi!!) In Germania 120, in Danimarca 60 giorni. Il costo di tutto (sommando le cose che sono richieste di fare) in media equivale al 5% del valore dell’immobile (in Germania è attorno all’1% e in certi Paesi Europeo è prossimo allo zero!).

I permessi edilizi dovrebbero poter venire richiesti online in ogni comune, per legge, ma ad oggi solo pochi comuni si sono sviluppati per poter ricevere le richieste online (altra pecca da aggiustare quando saremo al Governo).

Appena saremo al Governo, lavoreremo a stretto contatto con l’apposito Commissario Straordinario che creeremo, in modo da applicare in tutta Italia le migliori buone pratiche dei migliori Paesi Europei (Danimarca al 4° posto del report Doing Business 2020, poi anche Regno Unito, Svezia, Germania, e extra UE gli Stati Uniti 6° posto).

3. ALLACCI ELETTRICI

ALLACCI ELETTRICI

Come procedure da seguire siamo quasi in linea con la media UE, il vero problema sono i tempi. Media di 120 giorni contro Austria e Germania dove ne servono poco più di 20. E’ anche vero che Bologna e Roma però sono attorno agli 75 giorni, quindi armonizzare le altre città italiane a Bologna e Roma già migliorerebbe di molto i tempi.

A rallentare i gestori di rete (come ad esempio E-distribuzione) sono i comuni e le pubbliche amministrazioni che sono lente a dargli i permessi di scavo per gli allacciamenti.

SERVE DARE DEI LIMITI DI TEMPO ENTRO QUANDO RISPONDERE, ALTRIMENTI VARRA’ IL SILENZIO ASSENSO (che in Italia non esiste per l’allacciamento elettrico).

Il report segna poi altri consigli:

MAPPARE IL NETWORK DI DISTRIBUZIONE ELETTRICA – GIS (Geographic Information System)

Questo renderebbe più facile, o in certi casi del tutto superfluo, dover far uscire il tecnico del fornitore dell’energia a fare un sopralluogo col cliente. Specie se si deve fare un allacciamento a basso voltaggio senza dover installare una nuova centralina.

Saper già come si compone l’area semplificherebbe le cose.

Daremo mandato alle reti di distribuzione energia di creare questa mappa geografica dell’energia. Questo aiuterà a ridurre i costi e i tempi.

In molti Paesi esiste già (perfino in Turchia e Portogallo), le aziende elettriche non devono mai mandare nessuno a fare sopralluoghi, in quanto avendo già mappato l’area, sanno quanto voltaggio c’è, quante centraline ci sono e dove, e se c’è bisogno di aggiungerne o fare altri lavori in tale zona per poter fare l’allacciamento. 

RATEIZZARE I COSTI

In Italia i lavori di allacciamento non iniziano se prima il cliente non ha pagato per intero, preventivamente, l’intero costo dell’operazione. a siccome i costi sono alti, specie per gli allacci di medio-alto voltaggio, spesso l’utente non ha subito tutti i soldi quindi deve attendere mesi prima di racimolare e pagare per intero.

In molti Paesi hanno inventato un sistema che viene in contro all’utente, PAGARE UNA PICCOLA PARTE SUBITO, E POI IL RESTO A RATE, inserendo il costo all’interno delle prime bollette dell’energia.

In Croazia pagano il 50% subito, e il rimanente 50% a rate dopo che i lavori esterni di allacciamento sono terminati. In Corea del Sud 30% subito e il 70% a rate mensili da pagare in 2 anni.

Serve che il Governo crei degli accordi con le componenti energia, o che le obblighi a dotarsi di FINANZIAMENTI ad hoc, in modo che l’utente possa scegliere se pagare tutto subito oppure rateizzare.

CALCOLATORE DI COSTI

In certi Paesi, come la Malesia, le ditte fornitrici di energia hanno un portale online dove basta che inserisci alcuni tuoi parametri tecnici, e ti calcola più o meno (una stima) di quanto andrai a spendere per l’allacciamento (nel caso non venga fuori il tecnico a fare il sopralluogo e farti lui i conti a mano). Vorremmo ci fosse anche in Italia.

4. REGISTRARE UNA PROPRIETA'

REGISTRARE UNA PROPRIETA’

Questo è l’unico parametro dove l’Italia va bene, siamo anche un pò al di sopra della media europea (tra costi, tempistiche, procedure da fare). Per vendere/cedere una proprietà su un’impresa, basta un accordo tra privati che viene poi autenticato da un notaio. Sarà poi il notaio a vedere la validità del contratto, la correttezza dei dati societari, vedere e registrare al catasto, ecc.

A Milano o Padova in 3 giorni di media il notaio fa tutto, a Bari 10 e a Torino 12.

Anche i costi sono tra i più bassi d’Europa.

Cosa può essere ancora migliorato?

Mettere online, e renderli fruibili facilmente, tutti i dati catastali, e dire online quali sono i documenti che servono per fare l’intero procedimento, in modo da dare maggiore trasparenza (da parte del sito dell’Agenzia delle Entrate).

Creare delle statistiche mensili online dove si mostra quante transazioni di proprietà sono state fatte, e quante cause in tribunale sono state fatte per le stesse (come avviene già in Norvegia per esempio).

RENDERE I NOTAI OPZIONALI:

Come già spiegato nei capitoli precedenti, in molti Paesi per fare transazioni di proprietà commerciali non serve il notaio. In Portogallo c’è l’opzione o scegli di fare tramite notaio o ti arrangi con un autocertificazione.

Come già detto, noi di Riforma e Progresso siamo favorevoli all’opzione portoghese, vogliamo rendere opzionale il notaio. Perché se una persona è sveglia e capace di arrangiarsi da sola e sta facendo una transazione di una proprietà di bassissimo valore, di un’attività piccolissima, che bisogno c’è di obbligarla ad andare da un notaio e di pagare tutte quelle spese notarili?

Quindi per chi vorrà, potrà arrangiarsi compilando un CONTRATTO PRESTAMPATO che verrà fornito online (sempre nel sito web unico che faremo) e che sarà collegato direttamente con il registro delle proprietà immobiliari (catasto). Esso varrà sottoscritto dalle parti e auto certificato automaticamente. 

5. TEMPI DEI PROCESSI

TEMPI DEI PROCESSI

Abbiamo affrontato questo problema ampiamente e proposto soluzioni nel nostro Programma Giustizia, ma siccome anche la Banca Mondiale suggerisce alcune soluzioni extra (oltre ad alcune spesso simili a quelle da noi proposte), riportiamo comunque qui brevemente, tali suggerimenti. Riassumendoli per punti:

Limitare i rinvii e le sospensioni. Nel caso una parte chieda un rinvio, farle pagare i costi legali della controparte (per non far sobbarcare tali costi del ritardo alla controparte), oltre una piccola somma extra da pagare al tribunale come una sorta di penale per aver chiesto questo ritardo, in modo da disincentivare le parti a chiedere sospensioni e rinvii (in tal modo si contribuisce a velocizzare i processi).

A volte però è colpa dei giudici che chiedono sospensioni o rinvii. Il Report consiglia di far fare una stima al Ministero della Giustizia assieme al Consiglio Superiore della Magistratura, per valutare quanti sono in media i rinvii/sospensioni che si fanno duranti i processi, e creare poi un numero limite di rinvii che si possono chiedere/fare/concedere, giudici inclusi.

In alcuni Tribunali, come ad esempio quello di Reggio Calabria, succede spesso che si arrivi a chiedere perfino qualcosa come 15 rinvii!! Sicuramente molto spesso, alcune controparti lo fanno apposta per allungare i procedimenti per mille motivi di interesse personale. Serve quindi trovare UN LIMITE oltre che mettere dei disincentivi economici.

Creare un tribunale apposito, specializzato e distaccato dagli altri, che tratti soltanto di cause COMMERCIALI.

Incentivare l’uso degli arbitrati stragiudiziali.

Gestire meglio l’arretrato (già spiegato nel programma Giustizia con il “sistema Torino”),

Gestire il personale: aumentare il numero di giudici e personale giudiziario (che secondo il Report, l’Italia ha il numero di Giudici in rapporto agli abitanti, più basso d’Europa, ovvero 1 giudice ogni 10.000 abitanti).

Ci sono infine svariati altri punti e dettagli particolari che non vogliamo inserire in questo programma soltanto per non annoiare troppo i nostri lettori. Alcune cose sono tecniche e per gli “addetti ai lavori”. Ovviamente quando saremo al Governo analizzeremo bene assieme alle nostre squadre di esperti e Comitati Scientifici quali sono nel dettaglio tutti i punti da seguire e sviluppare.

Nel farlo prenderemo come esempio (fino a, ove possibile, copiare) procedimenti e buone pratiche considerate le migliori, dei Paesi che stanno in cima alla classifica del Report Doing Business di quell’anno. Più o meno ogni anno ai primi posti ci sono quasi sempre gli stessi Paesi, come NUOVA ZELANDA, DANIMARCA, COREA, STATI UNITI, REGNO UNITO (oltre che Hong Kong e Singapore ma che sono piccole realtà asiatiche particolari poco comparabili con l’Italia).

Oltre a quanto detto, vogliamo riportare per punti, una lista che riassume anche altri tipi di riforme che attueremo per le imprese, ma siccome ne parliamo approfonditamente nei programmi appositi (tasse ed economia, lavoro, burocrazia, giustizia, energia, commercio, agricoltura, ricerca, istruzione, ecc.) vi consigliamo di andarvele a leggere in quei programmi:

ABROGAZIONE e CANCELLAZIONE TOTALE DELL’IRAP PER TUTTE LE IMPRESE E PER SEMPRE

 ABBASSAMENTO DELL’IRES AL 15% PER TUTTE LE IMPRESE E PER SEMPRE (dall’attuale 24%)

Abbasseremo il CUNEO FISCALE (riduzione dell’IRPEF a tutti con la creazione di un nuovo sistema di scaglioni, in media ogni contribuente avrà una riduzione media del 15% e chi ha reddito sotto i 10.000 euro non pagherà nulla!)

Totale rifacimento della burocrazia, ridurrà enormemente le procedure, tempi e costi che le aziende spendono per adempimenti burocratici, fiscali e normativi

Con un piano quinquennale svilupperemo una struttura rinnovata di produzione ed efficientamento dell’energia elettrica abbassandone via via i costi (investendo sulle energie rinnovabili in modo diverso, potenziando la geotermia, il solare e costruendo centrali termodinamiche, e copiando molti Paesi stranieri che sono più avanti di noi)

Massicci investimenti pubblici in ricerca (20 mld euro), sviluppo ed innovazione e grossi crediti d’imposta per le aziende che investiranno in ricerca e innovazione. La ricerca crea ricchezza, nuovi prodotti, opportunità, crea nuova efficienza e abbassamento dei costi e nuovi posti di lavoro. Creeremo un sistema di network tra aziende e gli enti di ricerca, in modo che anche le PMI e i piccoli artigiani che hanno esigenze ed interessi comuni, possano mettersi insieme a sviluppare e investire assieme nella ricerca e fare cose che da sole non riuscirebbero a fare

Creeremo un network di imprese per affrontare i mercati internazionali, con il supporto diplomatico e di coordinamento dello Stato per aprire più efficacemente opportunità di vendita e business all’estero (come per esempio il governo francese fa con i produttori di vino francesi, dove uniti affrontano i mercati esteri ed investono assieme in marketing ed efficienza, vendono di più e a prezzi più alti e fanno guadagnare tutti i produttori di vino)

vogliamo sviluppare politiche che portino ad aumento di PRODUTTIVITA’DELLE IMPRESE (che attualmente è tra le più basse d’Europa)

dimezzamento IMU e TASI a tutti (entro il terzo anno di Governo)

creazione strutturale in tutte le Regioni di scuole superiori specializzate a formare i giovani soltanto e precisamente nei settori industriali, tecnici e di business attinenti a quella Regione in modo da dare alle aziende locali dei giovani diplomati in grado già di saper lavorare normalmente nelle aziende ed essere specializzati nel saper fare cose che servono alle imprese, e saper usare certi macchinari o far certi lavori che servono alle imprese. Rafforzeremo poi l’obbligo di alternanza scuola-lavoro (per tutte le scuole).

creazione di un sistema pubblico collettivo (dove gli investitori saranno privati cittadini) per l’erogazione di finanziamenti. Questo creerà un nuovo sistema di liquidità alle imprese (specialmente a PMI e artigiani). Saranno gli italiani ad aiutare altri italiani.

cambiare i metodi e le procedure di controllo e riscossione dell’agenzia delle entrate

far pagare la P.A. le proprie fatture di acquisto di beni e servizi (comuni, ASL, ecc) entro e non oltre 30 giorni

Creeremo un’agenzia di supporto alle aziende che farà e seguirà l’intero lavoro che serve alle imprese per cercare fondi nazionali ed europei. Le aziende non dovranno far nulla, penserà l’agenzia a trovargli i fondi pubblici

CANCELLAZIONE TASSA VIDIMAZIONE LIBRI SOCIALI che tutte le aziende devono pagare (attualmente di due importi fissi, a seconda della grandezza del capitale sociale di ogni azienda e cioè 309.87 € e 516.46 €. Annulleremo LA TASSA per la vidimazione dei libri contabili

CANCELLAZIONE DEI DIRITTI E TASSE DA PAGARE ALLA CAMERA DI COMMERCIO

PIANO PER VENIRE INCONTRO ALLE PICCOLE IMPRESE

PIANO PER VENIRE INCONTRO ALLE PICCOLE IMPRESE

Come vedrete nel nostro programma, noi di Riforma e Progresso abbiamo un grande piano strategico nazionale che prevede un miglioramento generale nell’attività economica in tutti i settori.

Abbiamo piani dettagliati per abbassare varie tasse, cancellare tasse, cambiare la burocrazia, semplificare gli adempimenti burocratici e fiscali a tutte le imprese.

In più però, allo stesso tempo, vogliamo tra l’altro tenere un occhio di riguardo per le PMI.

Le PMI (PICCOLE E MEDIE IMPRESE, inclusi artigiani, commercianti, ecc.) sono il futuro e la spina dorsale del nostro Paese e rappresentano il grosso del motore dell’intera economia nazionale. In Italia quasi il 95% del tessuto imprenditoriale è costituito da micro e piccole imprese con fatturato nella maggior parte dei casi inferiore a 1 milione di euro e un numero di lavoratori dipendenti di massimo dieci persone.

Quindi, anche se le nostre politiche miglioreranno la vita e faranno finalmente valere la pena di fare business in Italia a tutti e ad ogni tipo di impresa, è doveroso però creare allo stesso tempo una via preferenziale alle PMI.

L’Italia è costituita per la maggior parte da un tessuto di imprese ed aziende piccolissime (infatti si parla anche di Micro imprese). Infatti quasi il 95% delle Pmi è composto da imprese con meno di 10 addetti mentre la restante parte è al di sotto dei 50 occupati.

Solamente lo 0,5% sfiora il limite massimo dei 250 dipendenti. Per quanto riguarda i settori economici coperti dalle Pmi, quelle piccolissime con meno di 10 addetti, sono concentrate nel settore dei servizi (attività immobiliari, di ricerca, di informatica ed altri) e nel settore del commercio al dettaglio.

Siccome, come appena descritto, la maggior parte dell’economia italiana e quindi degli imprenditori lavoratori, è fatta da micro e piccole imprese, noi di Riforma e Progresso vogliamo sostenerle, farle crescere e respirare, anche perché non possono venir trattate a livello burocratico e fiscale come medio grandi imprese che hanno il capitale e le persone per poter gestire tutti gli adempimenti fiscali e burocratici. Il commerciante, il fornaio, l’elettricista, devono lavorare per vivere, mica perdere tempo a star dietro alla burocrazia né tanto meno a pagar lo stesso numero di tasse e balzelli che pagano le grandi aziende. Serve quindi creare un sistema che consente di semplificare la gestione amministrativa e contabile dell’attività imprenditoriale e ridurre gli adempimenti fiscali, burocratici e di tassazione per queste aziende.

Quindi per le PMI le nostre riforme aggiuntive saranno (oltre a quelle comuni per tutte le imprese ed aziende (grandi o piccole che siano), come la cancellazione dell’IRAP, l’abbassamento dell’IRES al 15%, l’abbassamento del 25% in media per scaglione delle tasse IRPEF, la creazione di un network di collaborazione collaborativa tra piccole imprese che mettendosi assieme, investono in ricerca e innovazione comuni, e nella formazione di giovani che saranno formati nelle nuove scuole professionalizzanti,

  • e oltre che ad entrare nel nuovo sistema di credito creditizio per avere liquidità ed investimenti diretti da parte dei cittadini), le PMI avranno in più:
  • Stop dei versamenti IVA mensili e trimestrali – si pagherà l’IVA (e anche tutte le altre imposte per le imprese) in un’unica soluzione, 1 volta l’anno, con un unico versamento di imposte fatto l’anno successivo, entro il 1° marzo di ogni anno successivo. E non ci sarà più nessun obbligo di anticipo in corso d’anno. Quindi le aziende dovranno chiudere i bilanci al 31 Dicembre e poi hanno 2 mesi di tempo per (loro, o i loro commercialisti delegati) per mandare in via telematica all’agenzia delle entrate, attraverso il nuovo ed unico sito che creeremo. Molti dati saranno già stati inseriti nel sito già durante il corso dell’anno, all’interno della propria cartella fiscale nel database dell’agenzia, quindi il lavoro sarà già di per sé semplificato e monitorato, e il sistema online darà sempre anche una stima di quanto, fino a quel momento, ci sarà da pagare di tasse il 1° Marzo. Riassumendo, entro il 1° marzo di ogni anno, tutti pagheranno tutte le tasse sulle attività economiche fatte per l’anno prima (anno solare, cioè dal 1° gennaio al 31 Dicembre dell’anno precedente e appena concluso);
  • Esonero dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili;
  • Esonero dell’assunzione a qualifica di sostituto di imposta.

Potranno aderire al regime fiscale le piccole e medie imprese, tutte le aziende ed imprese di qualunque tipo che soddisfino contemporaneamente questi due seguenti requisiti:

  • Fatturato totale annuo non superiore ad Euro 50.000.000 (50 milioni);
  • Acquisti e vendite effettuati esclusivamente tramite canali di pagamento tracciati (inclusi i nuovi sistemi che creeremo come pagamento tramite cellulare, azzeramento costi del POS, ecc.) In più nella propria cartella virtuale all’interno dell’unico grande e unificato database nazionale che creeremo e sarà gestito dal nuovo ente per il lavoro, l’impego e l’impresa, verranno in automatico registrati i movimenti, le fatture e anche i pagamenti potranno venir fatti e registrati automaticamente e in tempo reale all’interno di tale database (come backup).

 

SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE

Per aprire un locale basterà registrarlo online, segnalare posto e planimetria e semplificare la DIA (online) perché adesso è facile sbagliarsi e rischiare di venire sanzionati.

Comunque vogliamo far sì che anche in caso di errori, si chieda semplicemente di mettere a posto l’errore entro 90 giorni, senza alcuna spesa né sanzione.

Per aprire una pizzeria o ristorante per esempio, si fa tutto online e lo si potrà fare senza tante autorizzazioni e certificati. Non servirà registrare la società alla camera di commercio.

Serve ridurre i controlli e le ispezioni alle aziende (visto che spesso sono doppioni, di enti che non comunicano tra loro), quasi 100 controlli che si sovrappongono senza coordinarsi, metà provengono da 11enti diversi, per la maggior parte, ambiente e sicurezza (asl, inail, direzione territoriale del lavoro, arpa, ecc.) controlli di tipo amministrativo, per la contrattualistica e infine visite fiscali.

Analizzeremo meglio nel dettaglio tutti i passaggi che saranno da cambiare o cancellare appena saremo al Governo, e lo faremo anche grazie al vostro aiuto e contributo, oltre che copiare le buone pratiche dei Paesi stranieri migliori di noi sulla semplicità di aprire un’attività.

 

DIVENTARE UN PAESE PER STARTUP

DIVENTARE UN PAESE PER STARTUP

Abbiamo parlato finora di come rendere migliore, più efficacie e più semplice ed economico iniziare un’attiva economica (fabbrica, negozio, o ristorante che sia).

E’ utile parlare adesso anche delle STARTUP e per farlo, riportiamo un articolo di Gianmarco Carnovale su Agenda Digitale (https://www.agendadigitale.eu/startup/startup-dalla-crisi-opportunita-unica-per-linnovazione-il-momento-e-ora/):

Se questa pandemia sta generando la crisi più grande dall’ultima guerra mondiale, significa che è una opportunità unica e irripetibile per costruire la nostra nuova industria del “dopoguerra”, le cui basi poggiano sugli “startuppari” presenti in Italia, su quelli che potrebbero tornare per la ricostruzione, e su quanti stranieri di talento potrebbero voler vivere in Italia quando ci saremo lasciati tutto questo alle spalle. Bisogna però cambiare approccio, e anche con una certa urgenza, per non vanificare questa possibilità per recuperare il gap sempre più evidente con le altre economie avanzate.

PROBLEMATICHE:

Una delle maggiori evidenze che si sono rese manifeste come conseguenza dell’emergenza della pandemia, è infatti il nettissimo ritardo strutturale che ci porta a non essere mai in linea con i tempi degli altri paesi nell’adozione tecnologica, e tutto ciò che questo implica sotto il profilo culturale, sociale ed economico.

La tecnologia e l’innovazione sono una alta priorità strategica solo per un segmento ristretto di popolazione, che lotta contro le resistenze di tutti gli altri che vivono nel loro comfort zone del “si è sempre fatto così” e rifiutano qualsiasi cambiamento salvo poi rincorrere e pasticciare quando si scatena l’emergenza.

Questo ritardo strutturale è talmente trasversale nei diversi settori, che ormai non si può più evitare di vedere il “conservativismo” come un carattere peculiare degli italiani, unici a vivere l’incoscienza della necessità di innovare tra i popoli delle grandi democrazie occidentali. Viviamo gli effetti di questo nella penetrazione della banda ultra larga, nell’adozione dei pagamenti digitali, nella tecnologia a supporto della didattica scolastica, nell’impiego appropriato ed aggiornato nei processi digitali di aziende e pubbliche amministrazioni, e infine negli investimenti privati e pubblici e nell’attenzione del legislatore a questi temi. E il tutto si traduce nella scarsa competitività del paese, notoriamente sempre in basso nelle diverse graduatorie internazionali basate su diverse tipologie di indicatori.

La distanza con quanto veniva fatto negli altri paesi per stimolare la nascita e crescita di startup italiane era avvilente, ma quanto annunciato tra quelli che sono entrati dopo di noi nella battaglia contro il Covid-19, forse, sta dando una svegliata almeno a quelli più responsabili e avveduti, in Italia, che si sono trovati a confrontarsi con la realtà di call eccezionali della Commissione Europea rivolte proprio alle startup per combattere l’emergenza socio-economica e sanitaria, e con stanziamenti straordinari da parte di singoli paesi a cui guardiamo normalmente per tutto il resto e che si collocano nell’ordine di grandezza di una nostra finanziaria, ma interamente rivolta agli “startuppari”.

Questa doccia gelata delle priorità degli altri anche nel momento di questa emergenza, anzi direi soprattutto nel momento di questa emergenza, sta facendo capire a molti nel paese che un’economia nazionale non può vivere nel conservatorismo del mantenimento dei privilegi, degli interessi consolidati e delle comfort zone di chi frena l’innovazione anche solo per pigrizia mentale, quando non per clientelismo.

L’Italia è il paese delle grandi rincorse, e tutte le volte che si sveglia riprende i gruppi di testa e delle volte arriva perfino a primeggiare.

E’ il momento di risorse importanti e soprattutto dell’adozione degli schemi di creazione d’impresa e di adozione del capitale di rischio attraverso le filiere dell’innovazione che negli ultimi vent’anni si sono installate nelle grandi città del mondo dopo che gli israeliani hanno dimostrato che la Silicon Valley è solo uno schema di filiera intorno a modelli culturali, di mentalità e a metodologie. Tutto questo lo dobbiamo finalmente impiantare massicciamente nel paese, come base da lasciar arricchire naturalmente delle peculiarità di questo disgraziato e meraviglioso paese.

Per questo noi di Riforma e Progresso crediamo sia importante dare quanto prima un segnale di cambiamento in modo da spingere la creazione e il mantenimenti di Startup in Italia.

Per farlo, vogliamo mettere in pratica fin da subito le 5 proposte del settore, formulate da “Italia Startup” (l’associazione che rappresenta l’ecosistema italiano dell’innovazione e che aggrega startup, scaleup, pmi innovative, centri di innovazione, investitori, abilitatori, studi professionali e corporate):

  • Promuovere un fondo di Venture Debt convertibile, con dotazione addizionale di 1 miliardo di euro;
  • Estendere la garanzia statale al 100% per prestiti a startup e pmi innovative;
  • Liquidare rapidamente i crediti in R&D e IVA delle startup e delle imprese innovative;
  • Emettere voucher per l’insediamento e l’accelerazione di startup presso parchi scientifici, acceleratori e incubatori italiani;
  • Innalzare al 50% (dall’attuale 30%) lo sgravio fiscale per persone fisiche e giuridiche che investono in imprese innovative italiane.

 

1) Fondo di venture debt convertibile – Si propone l’istituzione di un Fondo di venture debt convertibile, con fondo addizionale del valore di 1 miliardo di euro con un massimale di 1 milione di euro per operazione, con meccanismo automatico, in co-matching pubblico-privato, nel quale il Fondo finalizza l’85% dell’investimento, a fronte dell’investimento del 15%, attivato dal privato. Il prestito convertibile può essere contro garantito da MCC.

2) Liquidazione al 100% con rimborso immediato per crediti d’imposta e crediti IVA – Per garantire liquidità  alle aziende si chiede di introdurre il rimborso immediato con liquidazione pari al 100%, a startup e pmi innovative, dei crediti di imposta per R&S e crediti IVA, mediante autocertificazione redatta e certificata da un revisore dei conti.

3) Estensione garanzia 100% MCC per prestiti a startup e PMI innovative – Per favorire l’accesso al credito da parte di startup e pmi innovative si propone l’estensione al 100% della garanzia MCC per i prestiti fino ad un massimo di 800.000 euro.

4) Voucher da 25.000 euro alle startup per percorsi di insediamento e accelerazione, da spendere presso parchi scientifici, incubatori e acceleratori. Per supportare la crescita e lo sviluppo delle startup e sostenere l’attività dei centri di innovazione Italiani (parchi scientifici, incubatori e acceleratori) si propone l’istituzione di voucher a fondo perduto (grant) pari a 25.000 euro, per le startup che vogliono effettuare programmi di insediamento e/o di accelerazione presso i suddetti centri.

5) Innalzamento dal 30 al 50% di sgravi fiscali per investimenti di Business Angel e Corporate – Per favorire l’investimento da parte di persone fisiche (Business Angel) e giuridiche (Corporate) in startup e PMI innovative si propone l’aumento della detrazione/deduzione per gli investimenti dal 30% attuale al 50%, con un massimale di 2,5 milioni di euro.

Ma dobbiamo fare di più e puntare più in alto: DOBBIAMO TRASFORMARE L’ITALIA IN UN STARTUP NATION! Oltre ad essere un nuovo modello di business e di creazione della ricchezza e di posti di lavoro, le startup servono per mettere in piedi soluzioni di business, servizi e prodotti innovativi che escano dai classici sistemi tradizionali, ma servono anche per trovare soluzioni alternative, migliori e più efficaci per risolvere problemi o implementare soluzioni a servizi e prodotti di imprese tradizionali. Le startup coprono qualunque tipologia di sistema economico:

Dal digitale, al food e agricoltura, al settore medico, a quello ingegneristico. Non servono solo a creare APP come molti italiani credono.

Lo sa bene la Francia ad esempio, che si sta candidando ad essere la prima vera Startup Nation europea, uno Stato cioè dove fare impresa è semplice, dove i nuovi imprenditori vengono incoraggiati e dove tutto l’ecosistema nazionale, dal governo alle banche, assiste chi vuole fare innovazione. Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea molti investitori e grandi aziende stanno attraversando la Manica per approdare sul continente in modo da rimanere all’interno del mercato unico europeo. E se Berlino sta attirando banche e assicurazioni, Parigi punta sul mondo dell’innovazione.

Come riporta Tommaso Cinquemani su “Agro Notizie”: “Il presidente Macron ha un progetto ben preciso che sta perseguendo in maniera concreta: trasformare la Francia in una Startup Nation”, spiega  ad AgroNotizie Niccolò Manzoni, uno dei fondatori di Five seasons ventures, un fondo di venture capital con sede a Bologna e Parigi che ha come obiettivo quello di investire in startup e aziende innovative attive nell’AgTech e FoodTech”.

“A livello generale per aiutare l’ecosistema delle startup servono tre cose: rendere la protezione della proprietà intellettuale semplice, snellire la burocrazia e garantire l’accesso al capitale”. E Macron sta facendo tutto questo, ad esempio mettendo dieci miliardi di euro in Bpifrance (Banque publique d’investissement francaise), il fondo di investimento che Parigi ha creato per supportare il tessuto imprenditoriale nazionale.

Israele è per definizione la Startup Nation a cui tutti guardano. Un piccolo Stato, senza risorse naturali e in un perenne stato di guerra, che però è in grado di sfornare startup vincenti ad un ritmo superiore a qualunque altro paese. Oggi lo sviluppo di nuove tecnologie, dall’agricoltura all’industria, rappresenta il 13% del Pil e assorbe l’8% della forza lavoro. In una nazione con appena 8 milioni di cittadini ogni anno aprono 1.400 startup. La collaborazione tra pubblico, privato e mondo della ricerca è uno dei punti di forza del paese. Così come la propensione all’internazionalizzazione.

Vogliamo infine utilizzare di più lo speciale Fondo italiano d’investimento (compartecipato da Cassa Depositi e Prestiti”, in modo che si possano incentivare la creazione di più Startup possibile qui in Italia (sia italiane che straniere).

RITORNA IN ITALIA IMPRESA!

RITORNA IN ITALIA IMPRESA!

Noi di Riforma e Progresso, una volta al Governo, lanceremo anche la campagna “RITORNA IN ITALIA IMPRESA!” per incentivare le aziende italiane scappate negli anni all’estero, a ritornare in Italia

INCENTIVI PER LE AZIENDE ITALIANE CHE RIPORTANO IN ITALIA LE AZIENDE E LA PRODUZIONE PRECEDENTEMENTE DELOCALIZZATE ALL’ESTERO

Oltre a beneficiare dei vari e nuovi trattamenti e benefici uguali per tutte le aziende e imprese italiane, dovute alle nostre riforme, per chi decide di riportare in Italia l’azienda e la produzione, in più avrà:       

– Non pagheranno IRES per 5 anni (e se l’azienda italiana riporta in Italia la filiale estera che aveva delocalizzato, e riporta la sua produzione in Italia, la sua intera ditta (anche quella parte che si trovava ancora in Italia) non dovrà più pagare l’IRES per 5 anni    

– Non pagheranno l’INAIL per 5 anni

– Non dovranno seguire alcun tipo di procedure burocratiche né adempimenti di alcun tipo (a parte quelli base standard sulla sicurezza e sull’ambiente)      

– Per i nuovi dipendenti che assumeranno in Italia per lavorare nella riaperta azienda che fino a prima era all’estero, NON PAGHERANNO IRPEF su nessun lavoratore per 5 anni (gli pagano solo i contributi pensionistici e basta)

   

– Avranno un consulente governativo della nuova agenzia dell’impiego e dell’impresa che creeremo (E.N.L.I.A.), che le seguirà passo passo e si occuperà di seguire i lavori e tutte le scartoffie burocratiche (che saranno poche) e si occuperà di tutto (dai permessi edilizi, allacciamenti, ecc.). L’imprenditore non dovrà pensare a niente se non riiniziare a lavorare.

Dovranno soltanto registrarsi (come tutte le altre aziende e imprese esistenti d’Italia) al nuovo database nazionale presso l’E.N.L.I.A. (il nuovo ente nazionale del lavoro welfare e impresa che creeremo). Faranno tutto online gratuitamente.

COME TO INVEST IN ITALY

Questi incentivi verranno attivati anche per gli stranieri, o imprese straniere, che vorranno venire in Italia per aprire imprese, fabbriche, aziende di qualunque tipologia.

Questa cosa verrà pubblicizzata nel mondo in tutti i modi possibili, e verrà creato una sezione speciale dell’E.N.L.I.A. (vedi Programma Lavoro), che metterà a disposizione delle imprese che vogliono venire in Italia, dei CONSULENTI PER L’IMPRESA, che guideranno per manina gli stranieri, per seguirli nel processo di apertura delle imprese in Italia. Si occuperanno delle scartoffie e faranno da coordinatore e “traduttore” tra lo straniero e la pubblica amministrazione italiana ed enti privati utili allo straniero a fare impresa in Italia (come ad esempio Banche, Assicurazioni, studi di avvocati e commercialisti).

Il consulente, più imprese riesce a portare in Italia e meno tempo ci impiega nel guidarle per portarle ad aprire e lavorare in Italia, più soldi guadagnerà nel suo stipendio, come premio.

Verrà creato un sito web apposito e in inglese per guidare gli stranieri ad affacciarsi all’idea di investire in Italia.

RIFORMA PER LE PARTITE IVA

RIFORMA PER LE PARTITE IVA

In Italia le partite IVA sono circa 5 milioni (Partite IVA e ditte individuali), costituiscono parte dell’ossatura economica e lavorativa dell’Italia.

Sono persone che si assumono il rischio di impresa, si devono arrangiare da soli, hanno pochi diritti, quasi nessuna tutela e molti doveri (e oneri), e spesso sono stati usati da vari Governi del passato come veri e propri BANCOMAT ambulanti e venendo spesso bistrattati.

Vista la loro importanza economica e del tessuto lavorativo e produttivo del Paese, e visto che anche loro devono avere gli stessi diritti e tutele di qualunque altro lavoratore italiano (e gli autonomi sono allo stesso tempo sia imprenditori e datori di lavoro, sia lavoratori dipendenti di sé stessi, con tutto quello che ne consegue), riteniamo che alle PARTITE IVA (lavoratori autonomi, ditte individuali), DEBBANO GARANTIRSI TUTELE ED AIUTI MAGGIORI RISPETTO ADESSO, e noi di RIFORMA E PROGRESSO appena saremo al Governo attueremo i seguenti punti di riforma fatti appositamente per loro:

Oltre alle riforme già citate per le imprese e che varranno anche per le partite IVA (cancellazione IRAP, abbassamento IRES, abbassamento IRPEF, cancellazione degli oneri della Camera di Commercio, l’avere crediti di importa per gli investimenti nella ricerca, il poter rientrare in un network di supporto alle imprese per l’export e per la ricerca di fondi pubblici ed europei per investimenti, ecc.), vogliamo garantire quanto segue:

Manterremo in vigore il REGIME FORFETTARIO DEI MINIMI (unica tassazione al 15%) ma porteremo il limite di fatturato dagli attuali 65.000 € ad un nuovo limite di 100.000 €

Creeremo anche per le Partite IVA la malattia, la maternità e la disoccupazione

Come spiegato (e come spieghiamo nel dettaglio nel Programma Lavoro), quando noi di Riforma e Progresso saremo al Governo creeremo il nuovo ed unico ente statale nazionale centralizzato chiamato E.N.L.I.A. (ENTE NAZIONALE PER IL LAVORO, L’IMPRESA E L’ASSISTENZA), anche le partite IVA dovranno registrarsi in tale ente (tramite il sito web/app/recandosi fisicamente in agenzia). Stessa cosa nel caso qualcuno voglia invece aprirsi la PARTITA IVA.

Oltre ad essere veloce, facile, online e gratis, darà ai lavoratori autonomi la possibilità di crearsi in questo unico database, la propria cartella lavorativa e fiscale (la stessa cosa vale per tutte le imprese), in modo da tenere monitorata la propria posizione fiscale, registrare le proprie fatture, vedere quante tasse pagare, avere un calendario per le scadenze, pagare le tasse direttamente da li, avere la possibilità di richiedere incentivi o altri aiuti facendoseli accreditare sul proprio IBAN, ecc.

Il tutto da un unica pagina, con pochi click.

Fatto ciò saranno riconosciuti i seguenti diritti e tutele (che creeremo noi di Riforma e Progresso):

MALATTIA – Prendiamo ad esempio un caso in cui una partita IVA si ammali. Essa dovrà comportarsi esattamente come un qualunque lavoratore dipendente subordinato, ovvero, dovrà contattare o recarsi dal proprio medico e chiedere giorni di malattia. Il medico farà un’impegnativa recante un CODICE. L’autonomo non dovrà fare altro che inserire tale codice dentro un’apposita sezione del proprio account nel sito dell’E.N.L.I.A. e gli verrà riconosciuta un’indennità di malattia pari alle giornate che il medico ha dato come malattia. Esempio, se il medico ha dato 6 giorni di malattia, l’autonomo riceverà 6 giorni di indennità. A quanto ammonta l’indennità? Come spieghiamo nel Programma Lavoro, quando saremo al Governo cancelleremo il Reddito di Cittadinanza, la Naspi, e tutti i vari sussidi creati negli ultimi anni. Li accorperemo assieme in un unica nuova standard uguale per tutti INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE pari a 900 euro netti per tutti, universale, con cadenza mensile certa e fissa, per un massimo di 24 mesi (2 anni), ma leggetevi come sarà strutturata (sarà un aiuto momentaneo finché nel frattempo si è obbligati a fare corsi, stage e volontariato, non sarà un reddito dato a caso a gente che poi sta a casa a far nulla come il Reddito di Cittadinanza). 

Quindi, i 900 euro varranno anche per le partite IVA. Si divideranno per i giorni del mese, e verranno riconosciuti equamente per ogni giorno di malattia.

MATERNITA’ – Stessa cosa dell’appena descritta malattia. La donna partita IVA in dolce attesa potrà attivare all’OTTAVO MESE DI GRAVIDANZA, all’interno del suo account nel sito E.N.L.I.A. grazie al codicino che gli verrà dato dal suo medico curante, l’opzione MATERNITA’. In automatico dal mese successivo (cioè il nono mese di gravidanza) fino al SESTO MESE (INCLUSO) da dopo la nascita del figlio, quindi per un totale di 7 mesi, le verranno accreditati ogni mese, 900 euro, fissi, netti, sempre con la stessa cadenza fissa mensile.

DISOCCUPAZIONE Ovviamente essere disoccupati significa che non si sta lavorando in alcun modo e che quindi NON si ha nemmeno la partita IVA. Quindi, se una persona Partita IVA decide che non riesce più o non vuole più o non le conviene più lavorare come Partita IVA, è libero di chiuderla subito (tramite il sito) e da quel momento in poi diventa automaticamente DISOCCUPATO e avrà diritto a richiedere, sempre online (o presso gli uffici) l’INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE. Verrà trattato esattamente come qualunque persona senza lavoro che non ha più contratto subordinato, sarà quindi tenuto a seguire l’intera procedura che creeremo (che descriviamo nel Programma Lavoro), ovvero, seguire corsi di formazione, stage, fare volontariato per 5 giorni a settimana. Sarà libero in ogni momento di riaprirsi Partita IVA e in tal caso smetterà di prendere l’indennità di disoccupazione.

Ovviamente smetterà di prenderla anche se viene assunto come dipendente subordinato con contratto (contratto che il suo datore di lavoro dovrà registrare nel suo account dentro il sito di E.N.L.I.A.). 

Per le Partite IVA che invece sono COLLABORATORI ESTERNI DI UN’AZIENDA

Per le partite IVA che sono collaboratori esterni ad un’azienda e quindi in pratica sono quasi dei “dipendenti” o che comunque il loro lavoro, guadagni, tempo e procedure lavorative, derivano da un unico “cliente” che è quasi un datore di lavoro più che un cliente a cui far fattura. Queste partite IVA vengono chiamate COLLABORATORI ESTERNI ALLA SOCIETA’.

Perfino l’Unione Europea ha adottato una direttiva nel 2019 per tutelare maggiormente questo tipo di partite IVA e gli Stati sono obbligati a conformarsi entro 3 anni. Noi di Riforma e Progresso, se arriviamo al Governo del Paese, e nel caso i nostri predecessori politici non l’abbiamo già fatto fino a quel momento, vogliamo attuare la direttiva in Italia.

Lo scopo che vuole raggiungere l’UE è quello di “migliorare le condizioni di lavoro promuovendo un’occupazione più trasparente e prevedibile”. I diritti minimi, introdotti dalla nuova normativa, si applicano a tutti i lavoratori nell’Unione che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia.

Come riporta l’articolo di Quifinanza.it del Giugno 2019:

La direttiva, concretamente, stabilisce che i datori di lavoro sono tenuti a comunicare ai lavoratori gli elementi essenziali del rapporto di lavoro. Alcune informazioni fondamentali devono essere fornite entro sette giorni dall’inizio del rapporto di lavoro, quali:

le identità delle parti del rapporto di lavoro;

il luogo di lavoro (in mancanza di un luogo di lavoro fisso o prevalente, va specificato che il lavoratore è impiegato in luoghi diversi o è libero di determinare il proprio luogo di lavoro, nonché la sede o il domicilio del datore di lavoro);

il titolo, il livello, la natura o la categoria dell’impiego attribuito al lavoratore; oppure una breve specificazione o descrizione del lavoro;

la data di inizio del rapporto di lavoro;

la data di fine o la durata prevista dello stesso, se si tratta di un rapporto di lavoro a tempo determinato;

la durata e le condizioni del periodo di prova, se previsto;

la retribuzione, compresi l’importo di base iniziale, ogni altro elemento costitutivo e la periodicità e le modalità di pagamento;

se l’organizzazione del lavoro è interamente o in gran parte prevedibile, la durata normale della giornata o della settimana di lavoro del lavoratore, nonché eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione e, se del caso, eventuali condizioni relative ai cambi di turno;

se l’organizzazione del lavoro è interamente o in gran parte imprevedibile, il datore di lavoro deve informare il lavoratore sulla programmazione del lavoro variabile, sull’ammontare delle ore retribuite garantite e sulla retribuzione prevista per il lavoro prestato in aggiunta a dette ore garantite; allo stesso tempo, quando si tratta di attività incostanti, devono essere specificate le ore e i giorni nei quali può essere imposto al lavoratore di lavorare, il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio di un incarico e, in fine, il termine per l’annullamento.

Nell’introduzione alle disposizioni della direttiva, si precisa che le informazioni sull’orario di lavoro dovrebbero includere informazioni su pause, riposi quotidiani e settimanali, nonché la durata del congedo retribuito (ovvero il periodo di ferie pagato), garantendo in tal modo la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.

La direttiva europea prevede anche una durata massima del periodo di prova che non potrà essere superiore ai sei mesi. Questo limite potrà essere superato solo se è giustificato dalla natura dell’impiego o è nell’interesse del lavoratore. I lavoratori autonomi e atipici avranno anche il diritto di svolgere altri lavori, oltre a quello per cui sono già pagati. La direttiva, infatti, prevede che il datore di lavoro non possa vietare al lavoratore di accettare impieghi presso altri datori di lavoro, al di fuori della programmazione del lavoro stabilita con il primo, né che gli riservi un trattamento sfavorevole sulla base di tale motivo.

Possono essere stabilite delle restrizioni a questo diritto solo sulla base di motivi oggettivi, quali: la salute e la sicurezza, la protezione della riservatezza degli affari, l’integrità del servizio pubblico e la prevenzione dei conflitti di interessi.Riguardo alla formazione professionale, la direttiva stabilisce che qualora un datore di lavoro sia tenuto ad erogare a un lavoratore formazione ai fini dello svolgimento del lavoro per il quale è stato assunto, tale formazione sia erogata gratuitamente al lavoratore, sia considerata come orario di lavoro e, ove possibile, abbia luogo durante l’orario di lavoro.

(Fonte: https://quifinanza.it/lavoro/ferie-retribuite-orari-certi-p-iva-novita-direttiva-ue/283987/)

DIVIETO DI TRATTARE PARTITE IVA COME DIPENDENTI

Vogliamo applicare anche altre politiche per combattere lo sfruttamento delle partite IVA, specie nei casi delle cosiddette “Finte Partite IVA”.

Questa proposta di riforma varrà per tutte le finte partite IVA che hanno un rapporto “quasi subordinato” con una società, e anche per le Partite IVA che lavorano in studi professionali e che fanno parte di una “cassa” o di uno specifico “ordinamento professionale”.

Le due parti saranno obbligate a stipulare un contratto dove (oltre a quanto previsto dalla direttiva Europea scritta nel capitolo precedente), dovranno indicare anche l’importo dell’onorario (il compenso) che la partita IVA “pseudo dipendente” dovrà fatturare mensilmente al suo “pseudo datore di lavoro” cioè il Committente. Tale compenso in fattura lordo NON POTRA’ ESSERE INFERIORE al SALARIO MINIMO LEGALE NAZIONALE che istituiremo per tutti i lavoratori d’Italia quando saremo al Governo.

Poi se invece il committente oltre a ciò obbliga la partita IVA a comportarsi praticamente da dipendente (obbligo di presenziare, di seguire orari, di eseguire il lavoro come vuole lui, ecc.) allora in tal caso si attuerà la procedura già esistente attualmente di PRESUNZIONE DI SUBORDINAZIONE. Ma non si applicherà invece per gli ordinamenti professionali (avvocati, commercialisti, ecc.).

ALTRE POLITICHE PER GLI AUTONOMI SONO:

Attuazione Compensazione debiti-crediti

Possibilità di compensare debiti fiscali con i crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione. Attualmente è previsto, ma di fatto manca un decreto attuativo. È necessario snellire le procedure per la compensazione. Deve venir fatto in modo semplice, online, dove vedi le tasse che devi pagare e i crediti che vanti, e calcolare immediatamente il nuovo dovuto. Se avanzi tu lo Stato te lo accredita sul tuo conto entro 30 giorni, se invece devi ancora pagare tu paghi tu entro 30 giorni.

Sospensione dei pagamenti per tassazione in periodi di inattività per Malattia-Infortunio e durante la disoccupazione

I titolari di piccole Partita Iva e micro Imprese ex art 2435 ter (fino € 350.000) possono chiedere la proroga dei termini di pagamento, anche riferibili a rateazioni accordate, se hanno un periodo di inattività per malattia o infortunio superiore a 30 giorni che sia debitamente certificato e registrato entro la propria cartella virtuale del sito dell’ente dell’impiego e assistenza E.N.L.I.A. (ENTE NAZIONALE PER IL LAVORO, L’IMPRESA E L’ASSISTENZA), in pratica per il periodo che prendono la disoccupazione.

Abolizione Solidarietà di Tassa di Registro tra debitore e creditore nel decreto ingiuntivo

I titolari di partite Iva hanno il serio problema degli incassi e spesso devono tentare il recupero giudiziale del credito con gravosi costi per avvocato e tassa di registro (che attualmente è un’imposta solidale tra debitore e creditore). Il creditore non deve essere gravato dalla solidarietà su questa tassa, motivo per cui deve trattarsi di una tassa che lo Stato deve recuperare esclusivamente da colui che è stato accertato quale debitore.

Decadenza per impugnare cartelle e limiti Discrezionalità dell’Autotutela della PA.

In caso di cartelle non impugnate nei termini, se il contribuente dimostra in autotutela che le somme non sono dovute per essere state pagate o per essere frutto di evidente errore di calcolo, non ci deve essere discrezionalità della PA di annullarle.

In caso di somme pagate o di evidenti errori lo Stato deve annullare la cartella, anche a termini di impugnazione scaduti. Deve prelevare il principio della buona fede dell’ente pubblico.

LIQUIDITA' POPOLARE - UN NUOVO MODO PER FINANZIARSI

LIQUIDITA’ POPOLARE – UN NUOVO MODO PER FINANZIARSI

Questa idea, come molte altre, proviene da Giacomo Scotton, fondatore e Leader di questo partito Riforma e Progresso. Non vogliamo entrare qui nel super dettaglio, anche perché avremo bisogno di esperti consulenti tecnici di finanza, economia ecc. per mettere in piedi questa cosa una volta al Governo. Ma vogliamo delinearvi a grandi linee quello che intendiamo mettere in piedi.

Sappiamo tutti che uno dei problemi storici delle aziende italiane è quello di NON TROVARE LIQUIDITA’. Che tu sia un’azienda che sta andando bene ma che ha bisogno di liquidità aggiuntiva per espandersi e crescere, o che tu abbia un’idea imprenditoriale e volessi aprire una nuova attività (normale azienda, o negozio, o Startup che sia), se la tua azienda si trova in un momentaneo momento di bisogno passeggero, o se hai bisogno di aumentare la tua produzione con macchinari nuovi o nuove assunzioni di dipendenti, o sei vuoi iniziare a produrre un prodotto o servizio da te inventato (magari da un tuo prototipo), hai bisogno di soldi per queste cose!

In Italia, praticamente, l’unica soluzione odierna (a parte rari casi) è rivolgersi ad una banca, che se va bene (molto bene, e dando in garanzia un rene o un importo o proprietà dal valore di gran lunga più grande del prestito stesso) allora ti concedono il prestito, altrimenti, come spesso accade, se non hai garanzie, o sei piccolo, o peggio ancora devi ancora partire con l’attività, difficilmente riceverai aiuto. Il prestito poi sarà comunque un peso per l’azienda, perché segue le tipiche dinamiche delle banche, e nel caso la Banca voglia, per qualunque ragione, può perfino richiederti in qualunque momento di rientrare subito del capitale, di fatto molto spesso, facendo fallire l’azienda stessa.

Quindi vorremmo creare una NUOVA OPZIONE DI ACCESSO AL CREDITO, in modo che non esistano solo le banche. La vogliamo chiamare LIQUIDITA’ POPOLARE

Una sorta di crowdfunding organizzato e gestito a livello nazionale da un unico ente controllato dallo Stato. Solo che a differenza del crowdfunding, i privati non regalano soldi a fondo perduto (a meno che non lo vogliano), semplicemente IMPRESTANO denaro o FINANZIANO come “angels” o azionisti imprese, attività, aziende, artigiani, commercianti, ecc. che trovano iscritti a questo Ente Privato ma creato e partecipato in maggioranza dal Pubblico, che lo controlla.

Noi Italiani siamo il popolo più ricco del Mondo, in termini di risparmio privato e soldi dentro i conti correnti. Se si mettono assieme tutti i soldi degli italiani (dei conti correnti, delle azioni, dei buoni del tesoro, ecc.) gli italiani potrebbero ricomprarsi due volte anche l’intero debito pubblico italiano, in quanto la liquidità ammonta a circa 4.200 miliardi (Dati Banca d’Italia).

Quindi l’Italia come Stato è ridotta male ma i suoi cittadini sono, in proporzione agli altri Paesi, tra i più ricchi del Mondo (in media ovviamente).

Consideriamo poi che molti italiani vorrebbero investire i propri soldi ma non sanno come e cosa fare, e spesso l’unica soluzione è comprare immobili (ma il settore immobiliare non è più buono come una volta) o giocare in borsa (spesso perdendoci) o affidandosi alle Banche e agli intermediari finanziari, che giocano e speculano in cosa astruse, “fumose”, nel mercato globale, in balia di mille fattori ed eventi.

La nostra proposta: Perché quindi non creare una seconda opzione? Dove la gente venga guidata ad investire nell’ECONOMIA REALE ITALIANA, in modo da far crescere e ripartire l’economia vera dell’Italia. Contribuire a creare lavoro, a far grande la struttura e il tessuto economico d’Italia. Questo è il nobile fine che ci proponiamo.

Investire i propri soldi in Italia, su aziende ed imprese italiane di qualunque settore e grandezza, guadagnandoci e allo stesso tempo facendo crescere l’economia e nuove opportunità di business.

FUNZIONAMENTO in breve:

Potrà iscriversi all’ente qualunque azienda, impresa italiana o anche semplice privato che abbia l’idea di iniziare una propria attività.

Le aziende che vi si iscrivono dovranno presentare determinati documenti aziendali, business plan, spiegare i piani di investimento che intendono fare, la loro idea di business, presentare bilanci, e spiegare come spenderanno i soldi e come li daranno indietro (nel caso di prestiti), oppure spiegare il progetto di business per cercare investitori o nuovi azionisti, finanziatori, o compartecipanti.

Le aziende potranno in sostanza chiedere AL GRANDE PUBBLICO (qualunque cittadino italiano) di:

FARGLI UN PRESTITO (che può essere spezzettato e arrivare da un gran numero di prestatori, in modo da diluire il rischio da parte dei prestatori e dove ogni cittadino è libero di prestare quanto vuole senza limiti. Ovviamente ci saranno dei piani di rientro prestabiliti, le rate che l’azienda pagherà per restituire il prestito, sarà chiara fin da subito e anche il tasso di interesse, i tempi, il piano di rientro e un piano che spieghi nel dettaglio come pagherà il debito. Ovviamente l’ente farà da intermediario gratuito, ovvero i pagamenti e i versamenti verranno fatti soltanto tramite l’ente, anche per evitare frodi ecc. e sarà l’ente stesso che valuterà, caso per caso, ogni impresa e ogni progetto, se avrà o meno tutti i requisiti necessari.

CERCARE INVESTITORI, AZIONISTI

CERCARE DONATORI CHE VOGLIANO FARE DONAZIONI GRATUITE A FONDO PERDUTO

Non servono garanzie, né fideiussioni, né ipoteche, nulla.. i privati imprestano o investono sulla fiducia (basata su precisi prerequisiti e su pianificazioni presentate e create tramite l’ente stesso).

Ogni azienda dovrà rendere pubblico, nel modo più semplice e trasparente possibile (seguendo form standard prestabiliti uguali per tutti), cosa fa, quanto spende per ogni sua spesa, quanti dipendenti ha, quanto gli costano e che benefici hanno; mostrare l’andamento dell’azienda e come vanno i profitti e le vendite su base trimestrale, ecc.. secondo formati standard uguali per tutti in modo che i cittadini e/o gli specialisti del settore che saranno abilitati a consigliare ai privati dove investire (come fanno già adesso banche ed intermediari finanziari) possano capire ed avere sempre sotto controllo l’andamento dell’azienda, che verrà seguita passo passo da vicino.

Ovviamente, per evitare furberie e ladrocini, sarà l’ente a gestire i soldi, a parte determinati casi specifici, tutti gli acquisti e le spese necessarie all’azienda e fatti usando i sodi prestati dai privati, verranno fatti tramite l’ente che si farà carico di fare i pagamenti e trattenere il denaro. Quindi ci penserà l’ente a fare da “deposito” e ufficio pagamenti per conto delle aziende. Ogni movimento sarà registrato e reso trasparente e pubblicato online e reso visibile agli investitori e prestatori.

Per un’impresa in questo modo sarà facile trovare liquidità dalla cittadinanza, e non con un semplice crowdfunding (dove se ti ispira il progetto in generale regali soldi e poi speri che vadano effettivamente a buon fine e utilizzati per quello). Ci sarà un’agenzia che gestirà un portale e garantirà sulla gestione e organizzazione. Ogni cittadino (anche tramite intermediari finanziari della propria banca e posta ecc.) potrà, come attualmente investe in borsa, investire sull’economia reale, il lavoro e le imprese private italiane. Tramite prestiti o acquisti di quote azionarie di imprese italiane, con rendimenti certi e garantiti dal controllo dello Stato.

Ogni impresa a seconda del proprio progetto e assieme all’ente decideranno a quale tasso di interesse restituire le somme (da un minimo standard uguale per tutti) e con piani di rientro. Poi dovrà dare ovviamente tutti i suoi dati anagrafici, dove si trova, quanti dipendenti ha, che cosa produce o fa, ecc. e per cosa sta chiedendo i soldi, per es. per acquisto nuovi macchinari, per assumere un tot numero persone perché aumenta la produzione di tot per fare tot, per ampliare lo stabilimento, per comprare materie prime, o per qualunque altra cosa, anche per pagare gli stipendi se si trova in crisi, ma in tal caso dovrà spiegare come intende rientrare e ripagare i debitori (sia con piani di risanamento sia, eventualmente, se vuole un prestito ma non è in grado di presentare un piano soddisfacente, mettendo come garanzia macchinari o proprietà). L’agenzia farà da tramite, i privati versano all’agenzia, e l’agenzia paga per l’azienda o in altri determinati casi gira i soldi all’azienda.

Sarà utile anche a chi vuole aprire una nuova azienda dal nulla, una attività, un negozio, qualunque attività economica. I privati potranno scegliere quali imprese, in quali settore investire, a seconda di una miriade (semplificata) di variabili.

Il rischio in questo caso è diviso con milioni di italiani. L’impresa riceve il capitale che gli serve, a un semplice tasso di intesse (senza TAN e TAEG) e sa che dovrà ripagarlo a partire da un dato mese e ogni mese, pagando tale rata all’agenzia che si occuperà di redistribuirlo ai privati, in proporzione alla % di somma coperta del prestito.

Nella rata che l’azienda paga indietro all’agenzia, quest’ultima si tratterrà una piccolissima percentuale come commissione per gestire il costo di questa agenzia privata ma a maggioranza pubblica e per pagare i premi agli agenti e promotori che vanno in giro a pubblicizzare e procacciare privati, spiegare ai privati ecc. Deve diventare una macchina per far fare soldi ai privati e alle aziende. L’agenzia deve coprire le proprie spese di gestione e non avere utile.

Gli importi possono essere sia piccolissimi che grandi. Saranno le aziende, le imprese, le start-up a chiedere la somma che vogliono, senza garanzie e senza nulla. Semplicemente con progetti, business plan, piani di rientro, dicendo tutto di loro e cercando di spiegare nel modo più semplice e chiaro possibile perché il cittadino dovrebbe fidarsi di loro nel prestargli i soldi, anche con video degli imprenditori. Solo se l’azienda che ha ricevuto soldi poi comunque fallisce, quando verrà messa in liquidazione e saranno venduti tutti i suoi beni, verranno soddisfatti dapprima i creditori di questo sistema.

Ovviamente non serve per forza usare gli intermediari finanziari per investire nelle aziende italiane tramite questa agenzia e non ci si dovrà presentare fisicamente per forza nelle varie sedi che saranno dislocate in Italia. Si potrà anche fare tutto da soli comodamente da casa, tramite il sito e la APP. Sarà facilissimo, la gente naviga nel sito e sceglie su cosa investire (es. fabbriche, imprese, attività commerciali, negozi, ecc..) o filtrare per “tipologia”: metalmeccanica, alimentare, tessile, ..ambientale…ecc…o anche per territorio: per esempio voglio aiutare il sud, aspetta che vado a vedere quale azienda calabra ha bisogno di aiuto, oppure vediamo che bella e interessante start-up vuole creare qualche giovane calabrese. L’ente poi farà degli studi e valutazioni evidenziando le imprese con più potenzialità, assegnando punteggi a seconda della solidità, del rischio, ecc.

Le aziende per iscriversi dovranno semplicemente inserire tutti i dati, info e foto e video richiesti (più info si mettono più si rende attraente la propria attività) o magari mettendo rendering e foto progetti di come si vorrà costruire e decorare il negozio che si vuole aprire, qualunque info sarà fondamentale, più ne metti meglio sarà (oltre a quelle standard richieste).

Poi il privato potrà scegliere se fare un semplice prestito e decidere liberamente quanti soldi prestare (fosse anche 1 solo euro), sapendo fin da subito l’interesse che riceverà, e in quanto tempo (piani semestrali, annuali, o di 2 anni, ecc.) a seconda dei progetti, più sono grandi le somme richieste più anni di rientro viene richiesto. Ogni impresa oltre a ripagare il prestito, per convincere i privati può anche mettere in palio premi, oppure (facendo un esempio stupido) se vuole aprire una fabbrica di biscotti dice che spedirà a tutti quelli che investiranno, una scatola gratis da 10 chili di biscotti, ecc.

Questo sistema poi si applicherà anche per le Start Up e per chi vuole sviluppare prototipi.

Il cittadino quindi, o presta, o finanzia e diventa azionista (a seconda dei casi), oppure decide di “regalare soldi” a fondo perduto.

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